Un vecchio frammento di ceramica riporta a galla una storia nascosta, tenuta al sicuro nel ricordo di chi tanto avidamente la conserva. Questo è il primo fugace ritratto di Isabel: una figlia devota che abita la casa della madre defunta. I suoi due fratelli, Louis e Hendrick, hanno deciso di vivere altrove, lasciandola sola a rispolverare maniacalmente la vecchia argenteria di una donna ormai assente.  Siamo nei Paesi Bassi, corrono gli anni ’60. Decine di migliaia di famiglie hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni nel corso della guerra e del dopo-guerra causa il costo inaccessibile della vita e la mancanza di risorse economiche per affrontare l’inflazione. Una piccola parte benestante della popolazione d’altronde, occupa quelle dimore solitarie che ancora conservano i segni di coloro che le hanno abitate. L’estranea di Yael Van Der Wouden affonda le sue radici in questo clima storico di tensione e risentimento, dissotterrando segreti a lungo silenti.

La vita di Isabel è monotona e appartata. Il suo carattere diffidente e introverso non le permette di conoscere il diverso, di aprirsi a nuovi incontri per scoprire qualcosa di sé che ancora ignora. Fino a quando non si presenta alla porta la nuova fiamma di suo fratello Louis: Eva, una giovane ragazza dai capelli vividamente gialli, una tinta che ne ha coperto la sua natura, ma che intorno alla nuca perde di vigore, mostrando il castano sottostante. Un dettaglio che passerebbe inosservato a un occhio poco indagatore, ma che accende in Isabel un sospetto, un presagio che non tutto quello che Eva presenta di sé sia autentico, come una crepa che lasci intravedere uno spiraglio, un’ombra al suo interno.

BREVE RITRATTO DEI CO-PROTAGONISTI

Eva è sfuggente, brilla di una travolgente energia, la sua inesauribile allegria coinvolge le persone che le stanno attorno, trasformando ogni ritrovo in un piacevole e spensierato scambio di aneddoti e risate. Tuttavia, la sua irriducibile estroversione non parla mai di sé. La sua origine è ignota. Un’aura di mistero la avvolge, ma solo le persone più sensibili percepiscono quel vuoto che tanto meticolosamente Eva cerca di colmare. Ogni tentativo di avvicinamento a Isabel viene respinto da quello sguardo giudicante. Ma un’inevitabile attrazione cresce tra le due, tendendo sempre di più il filo sospeso tra verità e menzogna.

Hendrick sa che se vuole vivere secondo le sue regole e i suoi bisogni, deve scappare dalla casa materna. Una gabbia che rafforza le sue sbarre ogni volta che un figlio prende posizione sulla sua vita, ogni volta che lotta per realizzarne i diritti. Non è facile lasciare gli affetti, specialmente quando sono gli stessi che negano la propria identità, ma restare uccide. Hendrick ne è consapevole, e anche se fuggire significa lasciare tutto indietro, compresa la sorella, l’eco di una vita che segua i suoi valori e le sue esigenze, risuona sempre più forte nello spazio vuoto in cui poter essere.

Louis naviga il mondo con la consapevolezza di chi un posto per esistere ed essere riconosciuto se l’è guadagnato. Eppure per un ragazzo bianco, eterosessuale e benestante, non è necessario sudarsi la validazione altrui, ogni angolo sociale promuove già la sua immagine, definendola standard, precludendo a chiunque non sia conforme di penetrare. Con la stessa leggerezza affronta l’amore e le relazioni. Ogni nuova infatuazione è oggetto di attento scrutinio familiare, sia dell’occhio indagatore di Isabel che dell’affabile sguardo di Hendrick. Quando Eva entra nella sua vita, non rimane altro da fare dunque che presentarla ai fratelli, declamando il suo grande sentimento, convincendosi ancora una volta che sia quella giusta. 

UN CICLO CHE SI CHIUDE: EVA E ISABEL (SPOILERS INCOMING)

Il primo incontro tra le due giovani è a tutti gli effetti uno scontro. Isabel osserva guardigna l’ennesima estranea che il fratello Louis porta a cena. Non sopporta la presenza ingombrante di un’altra figura. Un’altra voce a tavola che scompigli l’ordine a cui Isabel è tanto devota.  La questione si infittisce quando le due diventano coinquiline. Louis è richiesto altrove per impegni di lavoro, decide quindi di lasciare Eva in compagnia della sorella.  La casa diventa un campo di battaglia, parole taglienti vengono pronunciate a ribadire l’enorme distanza che regna tra le due. Ma nel placido trascorrere delle ore, si insinua nell’animo di Isabel un pensiero, un’idea scomoda, che poco a poco risulta impossibile da ignorare. La percezione che tutto quell’odio non sia altro che la paura di uscire allo scoperto, di mettersi a nudo davanti al mondo, davanti a se stessa. Un riflesso di un desiderio inespresso, ma che prepotente reclama il suo posto e alza la voce.  Il suo corpo lo comunica: ogni sguardo rivolto alla giovane ospite è una domanda, la conferma di quello che sente. 

Quando le ragazze si abbandono alla loro travolgente passione, nulla sembra poter rompere l’incanto. Ma Eva non dice tutta la verità: quella casa che insieme riescono a rendere uno spazio di liberazione, appartiene più alla nuova arrivata di quanto Isabel non abbia mai immaginato. I piccoli frammenti di ceramica, il servizio da tavola, pezzo dopo pezzo scompaiono, rimossi dall’inconsapevole presente di una per confluire nella perduta infanzia dell’altra. Ogni tassello che Eva sottrae alla sua coinquilina non è altro che un ultimo tentativo di risanare l’ingiustizia che l’ha vista protagonista insieme alla madre, quando la protezione di un tetto le è stata negata. 

Una notte d’amore non basta a rimarginare il divario che si apre ogni bacio di più, ogni abbraccio di più. Pronte a inghiottirle una volta grande abbastanza. Nell’impercettibile rumore di due assi che si separano millimetro per millimetro, un’intuizione altrettanto discreta si diffonde in Isabel. Il diario che Eva arricchisce ogni notte di nuove parole, nascosto alla vista dell’amante, accende in lei una crescente curiosità, decide così di appropriarsene nella speranza di capire di più di quella donna tanto concreta quanto evanescente. Ogni riga parla di Eva come mai prima d’ora, ma quello che racconta non coincide con ciò che Isabel ha imparato a conoscere. Una cocente delusione pervade ogni senso, non esistono ragioni che possano valere, è un tradimento in piena regola. La donna che ama l’ha colpita nel suo momento di maggiore vulnerabilità. Ha amato e ha perso tutto. 

Del resto quella rapida e glaciale sentenza è frutto di una profonda ignoranza: il diario racconta tutto, anche di come a causa della guerra e dei costi inaccessibili della vita, la famiglia di Eva avesse dovuto cercare fortuna altrove, nella speranza però di poter fare ritorno; racconta quindi di come la loro proprietà fosse stata ormai occupata e persa per sempre. Ancora approfondisce gli stati d’animo della sua autrice: l’iniziale distacco nei confronti della cognata fredda e burbera, e infine la realizzazione dei sentimenti che testardi si inseriscono nei difettosi ingranaggi del suo piano. 

L’estraneità non è solo di chi inaspettata si presenta alla porta altrui, ma anche di chi quella soglia l’ha varcata da tempo, senza sapere di quale storia si è appropriata nel suo passaggio.

RIFLESSIONI E CRITICITÀ DI ESTRANEA

La narrazione seppur scorrevole si presenta affrettata in alcuni momenti non permettendo ai labili sentimenti che tra le protagoniste iniziano a prendere forma di attecchire nella tela descrittiva del romanzo. Lo sguardo dell’autrice, attento e intimo nella riproduzione di dettagli ed elementi che caratterizzano la psicologia dei suoi personaggi, talvolta incorre in piccoli inciampi etero-normativi: molte delle scene che esplorano dinamiche omoerotiche, reindirizzano a ridondanti modelli e codici propri della sessualità maschile. In questo modo la relazione tra le due donne perde il suo valore e la sua unicità, ancora una volta messa a confronto e rinchiusa in una categoria a sé stante, privata della possibilità di diventare norma, di definire le regole che ne legittimino la sua esistenza.

Il romanzo verte su un’ultima scena finale: un climax crescente che sfocerà in un cambiamento inaspettato degli eventi, capace di sovvertire le aspettative costruite dal lettore nel corso del racconto. Tuttavia l’attesa non è adeguatamente ricompensata: il colpo di scena non ha una forza narrativa tale da perturbare gli ordini che si erano andati a consolidare durante la lettura. Ricorda molto una versione meno elaborata di Fingersmith, celebre romanzo di Sarah Waters, autrice che non smette mai di travolgere trame e personaggi, convinzioni e credenze. Yaen Van Der Wouden sembra voler attingere alla maestria della rinomata scrittrice, non riuscendo però a carpire appieno le tecniche narrative che le consentono di infondere maggiore profondità e tensione, elementi che qui risultano in parte assenti.

D’altro canto, raccontare significa puntare un cono di luce su realtà che nell’ombra hanno imparato ad affondare le proprie radici, respirando silenziosamente, relegate ai margini della narrazione dominante. Estranea permette così di esplorare nuove dinamiche e intrecci, storie di vita degne di essere ritratte, riconoscendone l’intrinseca forza vitale.

La casa diventa oggetto e luogo del desiderio, uno spazio di assoluta confidenza e intimità, dove un filo si contrae e si estende al ritmo dei corpi che la abitano. Ma che succede quando quello spazio diventa terreno di lotta tra due individui che a modo loro hanno subito un furto? L’inconsapevolezza di Isabel e il bisogno di rivendicazione di Eva. Allora quel filo deve trovare nuove forme, reinventare la sue misure per contenerne bisogni e richieste. Non è facile trovare un compromesso, ma Yael Van Der Wouden ci regala un finale che prescinde dalla recisione di due vite che erano destinate a incontrarsi per ricomporre quei tasselli sottratti alla loro infanzia, ritrovando nella passione e nell’amore, una nuova possibile prospettiva di serenità, e di questo ne siamo gratə!

Yael Van Der Wouden finalista al Booker Prize 2024

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